Colf e Badanti - Confimitalia

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L’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fai.
(Steve Jobs)
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Colf & Badanti
Lavoro Domestico
Il rapporto di lavoro domestico consiste nella prestazione di servizi di carattere domestico funzionali allo svolgimento della vita familiare. La disciplina di riferimento è contenuta nel CCNL di settore, ma è ancora vigente anche la Legge 2 aprile 1958, n. 339, che trova applicazione con riferimento a quelle disposizioni non superate dall’attuale contrattazione collettiva. Sono considerati lavoratori domestici, non soltanto coloro che sono addetti alle ordinarie incombenze familiari, come camerieri, colf, badanti, baby-sitter, cuochi, ma anche gli autisti (quando la prestazione è al servizio esclusivo o prevalente della famiglia), nonché i giardinieri, i custodi e i portieri di case private al servizio del nucleo familiare. Il datore di lavoro può essere sia una persona singola, sia un nucleo familiare, sia delle comunità stabili (ad esempio, quelle religiose o militari). La Legge 2 aprile 1958, n. 339 (art. 5) distingue il personale domestico tra lavoratori con mansioni impiegatizie (precettori, istitutori, governanti, bambinaie diplomate, maggiordomi, dame di compagnia) e prestatori d’opera manuale specializzata o generica (cuochi, giardinieri, balie, guardarobiere, bambinaie comuni, cameriere, domestiche tuttofare, custodi, portieri privati, stallieri). Tuttavia, la classificazione in categorie e la specificazione delle mansioni è disciplinata dalla contrattazione collettiva. La retribuzione può avvenire sia in denaro, sia in natura, come ad esempio con la previsione della fruizione di vitto e alloggio. Inoltre, la Legge n. 339 / 1958 dispone che debba essere corrisposta a periodi non superiori al mese (art. 6). È, comunque, il CCNL di categoria a stabilire i minimi retributivi oltre che l’adeguamento annuale. Tutti gli aspetti riguardanti il vitto e l’alloggio, la tredicesima mensilità, l’orario di lavoro, il riposo settimanale, le festività, le ferie, il congedo matrimoniale, la malattia e l’infortunio, TFR sono disciplinati dal CCNL di categoria.
Ai lavoratori domestici si applicano, inoltre, le norme relative al congedo di maternità e paternità, oltre alle ulteriori misure a sostegno della genitorialità previste dal Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità di cui al Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 Il contratto nazionale di lavoro vigente prevede quattro distinte categorie per l’inquadramento dei lavoratori domestici, a seconda del livello di istruzione e del grado di professionalità richiesto:
  • 1° categoria super: domestici dotati, oltre che di un diploma o di un attestato con valore legale, di una professionalità ben specifica;
  • 2° categoria: dame di compagnia, capi cuoco, chef, infermieri diplomati, assistenti geriatrici e tutti quegli altri lavoratori che adempiono a mansioni di specifica ed elevata competenza professionale;
  • 3° categoria: balie e bambinaie, autisti, guardarobiere, cameriere e prestatori di lavoro generico che abbiano maturato servizio necessario per transitare dalla terza alla seconda categoria (18 mesi di anzianità presso la stessa famiglia);
  • 4° categoria: colf che svolgono lavori prettamente manuali o di fatica e che non hanno ancora maturato l’anzianità necessaria per il passaggio alla seconda categoria.

Generalmente le colf possono instaurare con il proprio datore di lavoro tre tipi di contratto a seconda dell’impegno richiesto:
 
Colf a servizio intero: la lavoratrice domestica abita presso il datore di lavoro, usufruendo, oltre che della retribuzione, del vitto e dell’alloggio;
  • Colf a mezzo servizio: la lavoratrice domestica che presta presso la stessa famiglia servizio per almeno 4 ore al giorno o per 24 ore settimanali, se il servizio non è uniforme in tutti i giorni della settimana;
  • Colf ad ore: la lavoratrice domestica che presta presso la stessa famiglia servizio solo per alcuni giorni della settimana, e con orario inferiore alle 24 ore settimanali.

Il contratto di lavoro domestico, conformemente al CCNL di categoria, deve contenere:
  • data di inizio del rapporto di lavoro;
  • durata del periodo di prova;
  • esistenza o meno della convivenza (totale o parziale);
  • durata dell’orario giornaliero di lavoro;
  • la retribuzione pattuita;
  • ogni altro elemento richiesto dal CCNL di categoria.
         
 
   
L’assunzione a tempo determinato è consentita nel rispetto delle previsioni di cui al Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (articoli 19-29). A partire dal 29 gennaio 2009, la Legge n. 2/2009, art. 16 bis, comma 11, ha semplificato la normativa di assunzione per i datori di lavoro domestici: l’Inps diventa il destinatario delle comunicazioni di assunzione, della cessazione (dimissioni o licenziamento), della trasformazione e della proroga del rapporto di lavoro del personale domestico, e pertanto non è più necessario effettuarle ai Centri per l’impiego (così come previsto per tutti gli altri lavoratori ai sensi dell’art. 9 bis, della Legge n. 608/1996 come modificato dalla Legge n. 296/2006). L’Inps d’ufficio comunicherà tutti i dati ai Centri per l’impiego, al Ministero del Lavoro, all’Inail ed alla Questura, quest’ultima per i lavoratori extracomunitari, assolvendo a tutti gli obblighi legali nei confronti degli Enti ed Istituti richiamati (art.4 bis, c.6, D.lgs. n. 181/2000). La comunicazione deve essere eseguita attraverso documentazione avente data certa di trasmissione e deve indicare:
  • i dati anagrafici del lavoratore;
  • la data di assunzione e di cessazione prevista (salvo il caso di rapporto a tempo indeterminato);
  • la tipologia contrattuale;
  • il trattamento economico e normativo applicato.
Per i lavoratori extracomunitari le procedure di assunzione sono diverse a seconda che il lavoratore si trovi già sul territorio italiano, con regolare permesso di soggiorno, o si trovi ancora nel suo paese:
  • se il lavoratore si trova in Italia, l’assunzione avviene con le stesse modalità previste per i lavoratori domestici italiani e comunitari;
  • se il lavoratore si trova all’estero, prima che arrivi in Italia il datore di lavoro deve presentare domanda all’Inps.
Nella domanda il datore di lavoro deve:
  • assicurare una retribuzione mensile non inferiore a € 439,00 con condizioni normative retributive uguali a quelle stabilite per i lavoratori italiani;
  • dimostrare di possedere un reddito familiare annuo non inferiore a quanto stabilito dalla legge per l’anno in corso;
  • assicurare la disponibilità di un alloggio adeguato;
  • impegnarsi a comunicare la cessazione del rapporto di lavoro entro cinque giorni all’Inps;
  • garantire le spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di origine.
       
 
     
Verificata l’esistenza dei requisiti reddituali e delle condizioni contrattuali, è rilasciata l’autorizzazione e il datore di lavoro deve chiedere il nullaosta alla Questura. L’autorizzazione completa di nullaosta, deve essere spedita al lavoratore nel Paese di residenza, in modo che egli possa esibirla alle autorità diplomatiche o consolari italiane del posto per ottenere il visto di ingresso in Italia.
 
L’autorizzazione è revocata se non viene utilizzata entro sei mesi dalla data del rilascio. Il rapporto di lavoro domestico può risolversi per una delle seguenti cause:
  • interruzione del periodo di prova;
  • recesso per libera volontà del lavoratore o del datore di lavoro, a condizione che si dia regolare avviso all’altra parte;
  • licenziamento in tronco per giusta causa;
  • dimissioni;
  • morte del lavoratore.
I termini di preavviso cui sono tenute le parti del rapporto sono fissati in relazione all’anzianità di servizio maturata presso lo stesso datore di lavoro:
  • Fino a 5 anni di anzianità, 15 giorni di calendario;
  • Oltre i 5 anni di anzianità, 30 giorni di calendario.
Tali termini sono ridotti del 50% in caso di dimissioni del lavoratore.
Nel caso di mancato preavviso è dovuta l’indennità sostitutiva, pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso spettante. Nell’ipotesi di licenziamento (non disciplinare) e qualora il datore di lavoro ritenga di esonerare il lavoratore dalle prestazioni nel periodo di preavviso, spetta allo stesso il corrispettivo per questo arco di tempo.
Alla cessazione del rapporto di lavoro il datore di lavoro deve:
entro 5 giorni informare il Centro per l’impiego competente;
  • contestualmente, effettuare la comunicazione all’Inail;
  • in caso di lavoratore extracomunitario, la cessazione del rapporto deve essere comunicata alla Questura.
 
 
       
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